IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'ABRUZZO (Sezione prima) Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 795 del 2012, proposto da Ordine degli avvocati di Avezzano, rappresentato e difeso dagli avv. Evelina Torrelli, Roberto Di Pietro, Herbert Simone, Mario Petrella, con domicilio eletto presso avv. Barbara Tempesta in L'Aquila, via Fontesecco n. 16; Sandro Ranaldi, Maria Concetta Raimondo, Rossana Cipollone, Paola Chicarella, Daniela Simonetti, Mirella Oddi, Giarnpietro Nonni, Rosina D'Ascenzo, Patrizia Orlandi, Maria Teresa D'Innocenzo, Anna Lina Meco, Teseo Tarquini, Franco Di Stefano, Omelia Mila D'Alessandro, Cesidia Maria Luisa Soricone, Maurizio Pellegrino, Franca Stornelli, Franca Gennuso, Maria Di Sano, Luciana Pomponio, Concetta Clara Maria Soricone, Patrizia Morgante, Patrizia De Santis, Nadia Orrea, Militina Venanzi, Anna Rita Rubeis, Marziana Marinucci, Paola Simone, Marisa Caretta, Fabio Maurizi, Dino Masci, Ubaldo Innocenzi, Massimo Simoncelli, Giovanna Mariani, Angela Pecorelli, Floriana Croce, Tiziana Mainero, Sara Lattaro, Anna Rita Ciaccia; Maria Vittoria Valente, Bruna Parisse, Daniela Patrizia Bellotta, Angelo Divino Lanuti, Fabrizio Doschi, Donato Straccia, Anna Rita Stati, Antonia Silvi, Paolo Breno, Maria Paola Tanzilli, Renata Hay, Donatella Del Roscio, Fabrizio Orlandi, Francesco Di Leo, Bruno Santucci, Anna Nucci, Domenico Mosca Angelucci, Linda Franca Di Censo, Andreina Villa, Bruno Faenza, Carla Tanzilli, Maria Rita Di Benedetto, Angelo Talarico, Angela Frigioni, rappresentati e difesi dall'avv. Mario Petrella, con domicilio eletto presso avv. Barbara Tempesta in L'Aquila, via Fontesecco n. 16; Contro Ministero della giustizia in persona del Ministro P.T., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata in L'Aquila, Complesso monumentale S. Domenico; Corte d'appello di L'Aquila in persona del presidente P.T., Procura generale della Repubblica presso la Corte di appello di L'Aquila in persona del legale rappresentante; Nei confronti di Lina Pascucci, Antonio Sabatini, Franca Santomaggio; Per l'annullamento della circolare del 15 ottobre 2012, prot. n. 5116 a firma del direttore generale del Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi - Direzione generale del personale e della formazione del Ministero della giustizia, indirizzata al presidente della Corte d'appello di L'Aquila e al procuratore generale della Repubblica di L'Aquila, avente ad oggetto interpello distrettuale finalizzato alla redistribuzione del personale perdente posto; Della nota prot. 0003074-0 del 17 ottobre 2012, a firma del presidente della Corte d'appello di L'Aquila e dell'avvocato generale presso al Corte d'appello di L'Aquila, con la quale viene inviata a tutti gli uffici giudiziari del distretto della Corte d'appello di L'Aquila la sopra richiamata circolare, con contestuale attivazione della procedura di interpello; Di ogni altro atto o provvedimento presupposto, prodromico e/o conseguenziale, o comunque connesso, ivi compresa l'eventuale graduatoria formata a seguito dell'impugnato interpello; Visti il ricorso e i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della giustizia in persona del Ministro P.T.; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2014 la dott.ssa Maria Abbruzzese e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; I. I ricorrenti, consiglio dell'Ordine degli avvocati e dipendenti del Ministero della giustizia in servizio negli uffici giudiziari di Avezzano, hanno impugnato innanzi a questo TAR gli atti amministrativi indicati in epigrafe, recanti disposizioni regolanti l'organizzazione del personale amministrativo in servizio presso gli uffici giudiziari compresi nel distretto di Corte d'appello dell'Aquila, nella prospettiva della soppressione del citato Tribunale, deducendo, tra l'altro, vizi di legittimita' derivati dalla dedotta sospetta illegittimita' costituzionale del presupposto decreto legislativo n. 155/2012, art. 1, art. 2 e tabella di cui all'allegato 1 dello stesso decreto legislativo, art. 3, comma 1, e art. 4, tutti unitamente alle nuove tabelle redatte in sostituzione delle precedenti allegate al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 («Ordinamento giudiziario»). I.1) La Corte costituzionale ha gia' esaminato gran parte delle questioni sollevate in ricorso con la sentenza n. 237/2013. Residua, tuttavia, per quanto sotto si dira', un nucleo di censure che merita ulteriore esame da parte della Corte. I.2) La questione fondamentalmente sollevata (e ritenuta dal collegio rilevante e non manifestamente infondata) riguarda la dedotta illegittimita' del decreto legislativo n. 155/2012 per violazione dell'art. 1, comma 5-bis della legge n. 148/2011 (legge delega) e mancata considerazione del parere delle Commissioni giustizia di Camera e Senato, con riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione, per la parte di interesse e, segnatamente, ove (articoli 1-4) dispone la soppressione del Tribunale e della Procura della Repubblica di Avezzano, conseguentemente disponendo in ordine alla competenza degli uffici di sorveglianza e delle Corti d'Assise di appello, e ancora di seguito impartendo disposizioni sui magistrati e sul personale amministrativo degli uffici giudiziari soppressi (art. 5), sui magistrati titolari di funzioni dirigenziali degli uffici giudiziari soppressi (art. 6), sulla polizia giudiziaria degli uffici soppressi (art. 7), sull'edilizia giudiziaria degli uffici soppressi (art. 8), le disposizioni transitorie (art. 9) e la clausola di invarianza (art. 9), il tutto con riferimento al (dato per) soppresso Tribunale e Ufficio di procura della Repubblica di Avezzano, prima del termine normativamente previsto per l'esercizio della delega e senza prevedere la possibilita' di disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi delegati che pure la legge delega aveva previsto. I.3) Il TAR adito ritiene le questioni sopra prospettate rilevanti e non manifestamente infondate per le considerazioni che seguono. II. Quanto alla rilevanza, osserva il TAR che: II.1) sussiste la legittimazione alla impugnazione in sede giurisdizionale amministrativa degli atti censurati da parte dei ricorrenti che sono, come sopra detto, tra l'altro, il consiglio dell'Ordine degli avvocati di Avezzano e taluni dipendenti del Ministero della giustizia in servizio presso il Tribunale di Avezzano (L'Aquila), direttamente interessati alla disposta movimentazione del personale ovvero indirettamente incisi dalla stessa, in quanto involgente il concreto espletamento del servizio giustizia nel circondario, che e' quanto disposto con i provvedimenti impugnati; quanto al consiglio dell'Ordine degli avvocati di Avezzano, la sua legittimazione discende dalla lesione indotta alle proprie prerogative istituzionali dalla disposta soppressione del Tribunale di Avezzano (cfr. Corte Cost., n. 237/2013, ex pluris); II.2) sussiste la giurisdizione del TAR in ordine all'impugnativa degli atti sopra indicati, qualificabili di macro-organizzazione e relativi alla movimentazione del personale in servizio presso gli Uffici giudiziari del distretto di Corte d'appello dell'Aquila, in particolare consentendo tale movimentazione «in uscita» da tutti gli uffici giudiziari di Avezzano ma non gia' «in entrata», pur essendo la soppressione disposta «inefficace» fino alla data del 16 settembre 2015 (ora 16 settembre 2018, per effetto dell'art. 3-bis del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150, convertito, con modificazioni, in legge 27 febbraio 2014, n. 15); II.3) gli Uffici giudiziari di Avezzano, della cui soppressione si controverte, sono tuttora operativi per effetto delle sopra richiamate disposizioni di differimento dell'effetto soppressivo, il che radica il persistente interesse alla decisione del ricorso proposto e, in particolare, all'annullamento degli atti impugnati e la persistente rilevanza della questione incidentale nella presente sede proposta; sussiste inoltre un interesse specifico dei dipendenti, direttamente connesso alla scelta loro imposta di esprimere le loro preferenze in ordine al trasferimento imposto o indotto dalla soppressione molto prima (in termini di diversi anni) della concreta operativita' del trasferimento medesimo; II.4) i vizi relativi alla pretesa illegittimita' delle disposizioni di legge sopra indicate sono sollevati in via derivata con riferimento agli atti impugnati, essendo la legittimita' di questi ultimi direttamente correlata alla legittimita' degli atti normativi a loro fondamento e presupposto. III. Quanto alla non manifesta infondatezza, osserva il TAR quanto segue. III.1) Deducono i ricorrenti la violazione dell'art. 1, comma 5-bis della legge n. 148/2011 da parte del decreto legislativo n. 155/2012 con allegate tabelle, e degli articoli 3 e 97 della Costituzione da parte dell'art. 1 della legge n. 148/2011, con conseguente illegittimita' costituzionale derivata del decreto legislativo n. 155/2012, e puntualmente di tutti gli articoli di quest'ultimo come sopra individuati, nella parte in cui dispongono rispettivamente, il primo, la soppressione degli Uffici giudiziari di Avezzano senza l'osservanza del termine dilatorio per l'esercizio della delega governativa contenuto nel richiamato art. 1, comma 5-bis e, il secondo, la mancata previsione di decreti integrativi e correttivi, stante l'evidenziato disallineamento temporale, per i soli uffici della Provincia dell'Aquila. III.2) Premette il Collegio che questione apparentemente analoga, almeno con riferimento al primo dei due profili sopra enucleati, era stata sollevata dal Tribunale di Sulmona e risolta dalla Corte nel senso della sua infondatezza nella nota sentenza n. 237/2013. Da quanto risulta dalla richiamata pronuncia, in quel giudizio «il Tribunale sospetta(va) di illegittimita' costituzionale gli articoli 1, 2, 3, 11, comma 3, del decreto legislativo n. 155 del 2012, con le allegate tabelle, nella parte in cui prevedono la soppressione dei tribunali delle Province dell'Aquila e di Chieti, per violazione dell'art. 76 Cost. in riferimento all'alt. 1, comma 5-bis, della legge n. 148 del 2011, che stabilisce in tre anni il termine per l'esercizio della delega nei suddetti ambiti territoriali, termine che assume rilievo anche rispetto alla previsione di cui al comma 4 dell'art. 1 della legge n. 148 del 2011. Con riguardo alla dedotta violazione dell'art. 1, comma 2, della legge n. 148 del 2011, le censure esposte, nella sostanza, introduc(evano) le medesime argomentazioni gia' formulate nelle ordinanze di rimessione sopra richiamate nel dedurre la violazione delle disposizioni costituzionali sul procedimento di approvazione della conversione in legge del decreto-legge e su quello di approvazione della legge di delegazione» (cfr. Corte. Cost. n. 237/2013, punto 36 della parte in fatto). La motivazione in diritto da' poi conto, all'esito della ritenuta infondatezza di tutte le questioni involgenti il procedimento di formazione legislativa come sollevate dagli altri giudici remittenti, della complessiva infondatezza anche delle questioni sollevate dal tribunale di Sulmona, ivi comprese quelle, tra cui quella in esame, «sollevate in via consequenziale» (cfr. punto 9.6 della parte in diritto). Il caso in esame si distingue da quello gia' esaminato dalla Corte perche' la questione di legittimita' costituzionale come sopra enunciata viene posta non gia' con riferimento «consequenziale» al procedimento di delega legislativa, ma principalmente in ragione del ravvisato sospetto di illegittimita' del decreto delegato per contrasto con i principi della legge delega, come meglio piu' sotto si dira'. III.3) In ordine al primo profilo (ritenuta violazione della legge delega ad opera del decreto delegato), il Collegio evidenzia che l'art. 1, comma 2, della legge delega n. 148 del 14 settembre 2011 (in Gazzetta Ufficiale n. 216 del 16 settembre 2011), di conversione in legge del decreto-legge n. 138/2011, delegava il governo ad adottare «entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o piu' decreti legislativi per riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza»; il comma 5-bis del medesimo art. 1 della legge delega n. 148/2011, introdotta dall'art. 1, comma 3, della legge 24 febbraio 2012, n. 14, stabiliva tuttavia che «in virtu' degli effetti prodotti dal sisma del 6 aprile 2009 sulle sedi dei tribunali dell'Aquila e di Chieti, i termini di cui al comma 2 per l'esercizio della delega relativamente ai soli tribunali aventi sedi nelle province dell'Aquila e di Chieti e' differito di tre anni». In attuazione della delega, il governo ha emanato il decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155 (in supplemento ordinario n. 185 alla Gazzetta Ufficiale 12 settembre 2012, n. 213), recante «nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a norma dell'art. 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148», esercitando, quindi, la delega anche con riferimento ai tribunali aventi sede nelle province dell'Aquila e di Chieti in sospetta violazione della norma di delegazione posta dal suddetto art. 1, comma 5-bis, della legge n. 148/2011. La indicata sospetta violazione non irragionevolmente configura eccesso di delega e, per l'effetto, violazione mediata dall'art. 76 della Costituzione. III.3.1) Al riguardo, la Corte costituzionale ha affermato sin dal 1957 la propria competenza a verificare la conformita' del decreto legislativo alla legge di delegazione, in base alla considerazione che le disposizioni contenute nella legge di delega sono «norme interposte», sicche' ogni contrasto tra il decreto legislativo e la sua legge di delegazione determinerebbe l'illegittimita' costituzionale del primo, in quanto violazione (indiretta) dell'art. 76 Cost. Invero, «per quanto la legge delegante sia a carattere normativa generale, ma sempre vincolante per l'organo delegato, essa si pone in funzione di limite per lo sviluppo dell'ulteriore attivita' legislativa del Governo. I limiti dei principi e criteri direttivi, del tempo entro il quale puo' essere emanata la legge delegata, di oggetti definiti, servono, da un lato, a circoscrivere il campo della delegazione, si' da evitare che la delega venga esercitata in modo divergente dalle finalita' che la determinarono; devono, dall'altro, consentire al potere delegato la possibilita' di valutare le particolari situazioni giuridiche della legislazione precedente, che nella legge delegata devono trovare nuova regolamentazione (cfr. Corte. Cost., n. 3/1957). La discrezionalita' dell'esecutivo e' dunque delimitata dalle particolari previsioni della norma delegante, dal complesso dei criteri direttivi impartiti e dalle ragioni e finalita' generali della delega (cfr. Corte Cost., n. 257/1995). III.3.2) I principi e criteri direttivi presentano, nella prassi, come noto alla Corte, una fenomenologia estremamente variegata, che oscilla da casi in cui la legge delega pone finalita' dai confini molto ampi e sostanzialmente lasciate alla successiva determinazione del legislatore delegato a ipotesi in cui la stessa legge fissa «principi» a basso livello di astrattezza, finalita' specifiche, indirizzi determinati e misure di coordinamento definite o, addirittura, pone principi inestricabilmente frammisti a norme di dettaglio disciplinatrici della materie ovvero concretamente attributive di precise competenze. L'art. 76 della Costituzione, d'altra parte, consente l'esercizio della funzione legislativa da parte del governo solo «per tempo limitato», ossia per una durata prefissata «in uno qualunque dei modi che consentano di individuare, in via diretta, o anche indirettamente, con l'indicazione di un evento futuro ma certo, il momento iniziale e quello finale del termine» (cfr. Corte Cost., n. 163/1963). III.3.3) Lo scrutinio della Corte ha spesso riguardato casi in cui si lamentava l'esercizio tardivo del potere delegato. La particolarita' del caso in esame risiede nel lamentato esercizio «anticipato» di detto potere. Ad avviso del Collegio, e in cio' risiede la ritenuta non manifesta infondatezza della questione, la disposizione di cui al sopra richiamato art. 1, comma 3, legge 24 febbraio 2012 (si tratta della legge di conversione del decreto-legge 28 dicembre 2011, n. 216, cosiddetto «Decreto milleproroghe», recante «proroga di termini previsti da disposizioni legislative»), che e' legge ordinaria entrata in vigore prima che fossero posti in essere gli effetti della delega, inserendo il piu' volte richiamato comma 5-bis all'art. 1 della legge 14 settembre 2011, n. 148, induce evidentemente effetti modificativi in parte qua sulla stessa legge delega n. 148/2011, introducendo ulteriori e, per quanto rileva, diversi criteri di esercizio della delega legislativa, e, siccome divenuta parte integrante della legge di delegazione, costituisce essa stessa limite (per quanto detto, sopravvenuto) al potere del legislatore delegato quanto al «tempo» dell'esercizio della funzione legislativa, discrezionalmente fissato, al pari dei principi e criteri direttivi e dell'oggetto limitato, dal legislatore delegante, sicche' l'esercizio della delega che si appalesi difforme da tale limite vulnera e rende illegittimo costituzionalmente detto esercizio. III.3.4) Sembra ultroneo puntualizzare, in quanto del tutto evidente, che la ratio dell'operato differimento, a fondamento del ripetuto art. 1, comma 3 della legge n. 14/2012, sta nella considerazione, da parte del legislatore, delle peculiari condizioni del territorio abruzzese che, in disparte ogni successiva valutazione di merito, sembravano rendere ragionevole una soprassessoria in relazione alle determinazioni da assumersi sulla riorganizzazione giudiziaria, tenuto conto di una situazione di fatto non compatibile con decisioni da assumersi in tempi allineati con la disposta generale riorganizzazione di tutti gli Uffici giudiziari. E cio' perche', ovviamente, ogni eventuale determinazione nel senso della riduzione degli Uffici giudiziari di primo grado, salvo la permanenza del tribunale ordinario nei circondari dei comuni capoluogo di provincia alla data del 30 giugno 2011 (come indicato nel criterio di delega di cui all'art. 1, comma 2, lettera a) della legge n. 148/2012), con conseguente accorpamento degli uffici «minori» a quello del capoluogo di provincia, applicata al territorio aquilano, avrebbe determinato il sovraffollamento e sovraccarico degli uffici aquilani, tuttora (a distanza di oltre cinque anni dal sisma del 2009) in attesa del ripristino della loro normale funzionalita', neppure disponendo di immobili sufficienti e adeguati, come dimostrato, peraltro, dall'ulteriore «differimento» disposto, in via di necessita' e urgenza, con il decreto-legge n. 150/2013, come convertito. III.3.5) La scelta del legislatore si e' dunque orientata nel senso della predetta soprassessoria che riguardava, come testualmente e inequivocamente indicato, lo stesso «esercizio» della delega relativamente ai soli uffici aventi sedi nelle province dell'Aquila e di Chieti, il cui termine e' stato differito e che non puo' essere confuso con la mera dilazione degli effetti del potere esercitato. Non ritiene, invero, il TAR di poter considerare rettamente esercitato il potere di delega per effetto del disposto differimento degli effetti della operata soppressione; detto differimento, che opera con riguardo all'acquisto di efficacia del decreto (ex art. 1, comma 3, decreto legislativo n. 155/2012), non si atteggia diversamente da quanto stabilito con riferimento a tutti gli altri tribunali (art. 11, comma 2, «Salvo quanto previsto al comma 3, le disposizioni di cui agli articoli 1, 2, 3, 4, 5 e 7 acquistano efficacia decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto), sicche' ben puo' dirsi che la delega e' stata effettivamente esercitata per tutti e la sola distinzione consiste nella diversa decorrenza degli effetti, che per gli uffici abruzzesi sposta il dies a quo dell'operativita' della soppressione in avanti (di tre anni); la diversa decorrenza degli effetti, tuttavia, non integra il rispetto dei tempi definiti fissati dal legislatore delegante, che aveva invece stabilito, come sopra detto, che il Governo esercitasse la delega nei diversi termini di cui ai commi 5-bis dell'art. 1 sopra citato («in virtu' degli effetti prodotti dal sisma del 6 aprile 2009 sulle sedi dei tribunali dell'Aquila e di Chieti, il termine di cui al comma 2 per l'esercizio della delega relativamente ai soli tribunali aventi sedi nelle province dell'Aquila e di Chieti e' differito di tre anni»). Non puo' invero revocarsi in dubbio che esercitare una delega legislativa all'esito della compiuta doverosa. istruttoria di cui da' conto la Corte nella citata sentenza n. 237/2013, disancorata dal dato temporale fissato dal legislatore a distanza di tre anni (in avanti), dunque necessariamente riferita a situazioni e dati di fatto non disponibili e neppure prevedibili, in quanto connessi al recupero della piena funzionalita' delle strutture e del tessuto sociale successivamente all'evento sismico distruttivo, e' non altro che tradire la volonta' del legislatore che ha voluto («sicut dixit») che l'attivita' del delegato fosse compiuta, e la funzione esercitata, su dati concreti, ragionevolmente «aggiornati» a distanza di tre anni (dopo). III.3.6) Per tali considerazioni, fondate su argomenti letterali e logici, ritiene il TAR di non poter fornire, della disposizione sospettata di incostituzionalita', alcuna diversa interpretazione conforme. III.3.7) Tale e' stato, peraltro, il parere, affatto disatteso, delle Commissioni giustizia della Camera dei deputati e del Senato (pareri resi rispettivamente in data 1° agosto 2012 e 2 dicembre 2012) sullo schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative correttive e di coordinamento delle disposizioni di cui ai decreti legislativi 7 settembre 2012, n. 155 e 7 settembre 2012, n. 156, tese ad assicurare la funzionalita' degli uffici giudiziari, che ritenevano «opportuno espungere dal testo definitivo del decreto legislativo il comma 3 dell'art. 10 e il riferimento al distretto della Corte d'appello di L'Aquila contenuto nella tabella A allegata al decreto, in considerazione che la legge delega ha previsto il differimento di tre anni del termine per l'esercizio della delega e non soltanto il differimento dell'efficacia». Vale a dire che il legislatore delegante si e' espresso, in equivocamente, interpretando, in via «autentica», la delega nel senso sopra inteso. III.3.8) Giova infine osservare che, ad avviso del collegio, il riferimento (e l'ulteriore differimento) dell'effetto soppressivo contenuto nell'art. 3-bis del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150, convertito, con modificazioni, in legge 27 febbraio 2014, n. 15 («A causa delle perduranti condizioni di inagibilita' delle sedi dei tribunali dell'Aquila e di Chieti, gravemente danneggiati dal terremoto del 6 aprile 2009 e per i quali sono in corso, alla data di entrata in vigore del presente decreto, le procedure di ricostruzione, i termini di cui all'art. 1, comma 3, primo periodo, del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, sono prorogati di ulteriori tre anni»), non ha alcun effetto «sanante» del vizio interessante la disposizione delegata, in quanto testualmente si limita, come detto, a disporre il differimento del termine soppressivo ma non ha fatto propri gli effetti «soppressivi» indotti dall'esercizio del potere delegato. III.4) Ove, tuttavia, dovesse ritenersi validamente esercitata la delega legislativa con il decreto n. 155 del 2012 anche con riferimento agli uffici abruzzesi, non potrebbe che evidenziarsi una ulteriore violazione di disposizioni di rango costituzionale. III.4.1) A termini del comma 5 dell'art. 1 della legge di delega «il Governo, con la procedura indicata nel comma 4, entro due anni dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi emanati nell'esercizio della delega di cui al comma 2 e nel rispetto dei principi e criteri direttivi fissati, puo' adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi medesimi». L'entrata in vigore e' concetto diverso dalla produzione degli effetti di un provvedimento legislativo, non potendo peraltro ritenersi che il decreto n. 155 del 2012 entri in vigore in date diverse (per tutti gli uffici esclusi quelli abruzzesi e per quelli abruzzesi). Deve dunque ipotizzarsi che il termine per l'esercizio della potesta' delegata integrativa e correttiva decorra, per tutti, dall'entrata in vigore del decreto e che quindi, per effetto dei disposti differimenti, che vanno oltre i due anni dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi delegati, non possa piu' esercitarsi per i tribunali abruzzesi che, dunque, benche' non sia stata possibile alcuna verifica all'esito della concreta operativita' degli accorpamenti, per effetto dei differimenti normativi, non possono piu' giovarsi della detta possibilita', a differenza di quanto e' stato possibile fare per tutti gli altri Uffici giudiziari. III.4.2) Tale differenza ridonda in inammissibile violazione del principio di uguaglianza (art. 3) e di buon andamento degli uffici (art. 97), essendo i soli tribunali abruzzesi sottratti a possibile riesame da parte del legislatore delegato e sottoposti a soppressione «secca» senza alcuna possibilita' di verifica ex post dell'effettiva incidenza della riforma, della sua sostenibilita' lato sensu e della sua concreta operativita'. III.4.3) Il cennato effetto (impossibilita' di esercitare il potere integrativo e correttivo dei decreti delegati) e' direttamente discendente dal vizio principale di anticipato esercizio della delega, posto che non e' stato operato alcun differimento del termine di esercizio del potere di emanare decreti correttivi e integrativi all'esito dell'esercizio del potere di delega nei termini indicati dal legislatore delegante, ossia nei dodici mesi successivi ai tre anni dall'entrata in vigore della legge delega (ex art. 1, comma 2, legge delega n. 14/2011 e art. 5-bis). IV. In conclusione, il collegio ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzione illegittimita' del decreto legislativo n. 155/2012 per violazione dell'art. 1, comma 5-bis della legge n. 148/2011 (legge delega) e mancata considerazione del parere delle Commissioni giustizia di Camera e Senato, per la parte di interesse e, segnatamente, ove (articoli 1-4) si dispone la soppressione del Tribunale e della Procura della Repubblica di Avezzano, conseguentemente disponendo in ordine alla competenza degli Uffici di sorveglianza e delle Corti d'assise di appello, e ancora di seguito impartendo disposizioni sui magistrati e sul personale amministrativo degli uffici giudiziari soppressi (art. 5), sui magistrati titolari di funzioni dirigenziali degli uffici giudiziari soppressi (art. 6), sulla polizia giudiziaria degli uffici soppressi (art. 7), sull'edilizia giudiziaria degli uffici soppressi (art. 8), le disposizioni transitorie (art. 9) e la clausola di invarianza (art. 9), e dell'art. 1, comma 5, legge n. 148/2011, con riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione, il tutto con riferimento al (dato per) soppresso Tribunale e Ufficio di procura della Repubblica di Avezzano, prima del termine normativamente previsto per l'esercizio della delega e senza prevedere, per i soli uffici abruzzesi, la possibilita' di disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi delegati. Le consequenziali statuizioni seguono in dispositivo.