IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER L'ABRUZZO 
                           (Sezione prima) 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 795 del 2012, proposto da Ordine degli avvocati  di
Avezzano, rappresentato e difeso dagli avv. Evelina Torrelli, Roberto
Di Pietro, Herbert  Simone,  Mario  Petrella,  con  domicilio  eletto
presso avv. Barbara Tempesta  in  L'Aquila,  via  Fontesecco  n.  16;
Sandro Ranaldi, Maria Concetta  Raimondo,  Rossana  Cipollone,  Paola
Chicarella,  Daniela  Simonetti,  Mirella  Oddi,  Giarnpietro  Nonni,
Rosina D'Ascenzo, Patrizia Orlandi, Maria  Teresa  D'Innocenzo,  Anna
Lina  Meco,  Teseo  Tarquini,  Franco   Di   Stefano,   Omelia   Mila
D'Alessandro, Cesidia  Maria  Luisa  Soricone,  Maurizio  Pellegrino,
Franca Stornelli, Franca Gennuso, Maria Di  Sano,  Luciana  Pomponio,
Concetta Clara Maria Soricone, Patrizia Morgante, Patrizia De Santis,
Nadia Orrea, Militina Venanzi, Anna Rita Rubeis, Marziana  Marinucci,
Paola Simone, Marisa  Caretta,  Fabio  Maurizi,  Dino  Masci,  Ubaldo
Innocenzi, Massimo Simoncelli, Giovanna  Mariani,  Angela  Pecorelli,
Floriana Croce, Tiziana Mainero, Sara  Lattaro,  Anna  Rita  Ciaccia;
Maria Vittoria Valente, Bruna  Parisse,  Daniela  Patrizia  Bellotta,
Angelo Divino Lanuti, Fabrizio Doschi,  Donato  Straccia,  Anna  Rita
Stati, Antonia Silvi, Paolo Breno, Maria Paola Tanzilli, Renata  Hay,
Donatella Del Roscio,  Fabrizio  Orlandi,  Francesco  Di  Leo,  Bruno
Santucci, Anna Nucci,  Domenico  Mosca  Angelucci,  Linda  Franca  Di
Censo, Andreina Villa, Bruno Faenza, Carla Tanzilli,  Maria  Rita  Di
Benedetto, Angelo Talarico, Angela Frigioni, rappresentati  e  difesi
dall'avv. Mario Petrella, con domicilio eletto  presso  avv.  Barbara
Tempesta in L'Aquila, via Fontesecco n. 16; 
    Contro Ministero della giustizia in persona  del  Ministro  P.T.,
rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura  distrettuale  dello
Stato, domiciliata in L'Aquila, Complesso  monumentale  S.  Domenico;
Corte d'appello di L'Aquila in persona del presidente  P.T.,  Procura
generale della Repubblica presso la Corte di appello di  L'Aquila  in
persona del legale rappresentante; 
    Nei  confronti  di  Lina  Pascucci,  Antonio   Sabatini,   Franca
Santomaggio; 
    Per l'annullamento della circolare del 15 ottobre 2012, prot.  n.
5116   a   firma   del   direttore    generale    del    Dipartimento
dell'organizzazione  giudiziaria,  del  personale  e  dei  servizi  -
Direzione generale del personale e  della  formazione  del  Ministero
della giustizia, indirizzata al presidente della Corte  d'appello  di
L'Aquila e al procuratore  generale  della  Repubblica  di  L'Aquila,
avente  ad   oggetto   interpello   distrettuale   finalizzato   alla
redistribuzione del personale perdente posto; 
    Della nota prot. 0003074-0 del  17  ottobre  2012,  a  firma  del
presidente della Corte d'appello di L'Aquila e dell'avvocato generale
presso al Corte d'appello di L'Aquila, con la quale viene  inviata  a
tutti gli uffici giudiziari del distretto della  Corte  d'appello  di
L'Aquila la sopra richiamata circolare, con  contestuale  attivazione
della procedura di interpello; 
    Di ogni altro atto o provvedimento  presupposto,  prodromico  e/o
conseguenziale,  o  comunque  connesso,  ivi   compresa   l'eventuale
graduatoria formata a seguito dell'impugnato interpello; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visto l'atto di costituzione  in  giudizio  del  Ministero  della
giustizia in persona del Ministro P.T.; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno  17  dicembre  2014  la
dott.ssa Maria Abbruzzese e uditi  per  le  parti  i  difensori  come
specificato nel verbale; 
    I.  I  ricorrenti,  consiglio  dell'Ordine   degli   avvocati   e
dipendenti del Ministero della giustizia  in  servizio  negli  uffici
giudiziari di Avezzano, hanno impugnato innanzi a questo TAR gli atti
amministrativi indicati in epigrafe, recanti  disposizioni  regolanti
l'organizzazione del personale amministrativo in servizio presso  gli
uffici  giudiziari  compresi  nel  distretto   di   Corte   d'appello
dell'Aquila,  nella  prospettiva  della   soppressione   del   citato
Tribunale, deducendo, tra  l'altro,  vizi  di  legittimita'  derivati
dalla dedotta sospetta illegittimita' costituzionale del  presupposto
decreto legislativo n. 155/2012, art. 1, art.  2  e  tabella  di  cui
all'allegato 1 dello stesso decreto legislativo, art. 3, comma  1,  e
art. 4, tutti unitamente alle nuove tabelle redatte  in  sostituzione
delle precedenti allegate al regio decreto 30  gennaio  1941,  n.  12
(«Ordinamento giudiziario»). 
    I.1) La Corte costituzionale ha gia' esaminato gran  parte  delle
questioni sollevate in ricorso con la sentenza n. 237/2013. 
    Residua, tuttavia, per  quanto  sotto  si  dira',  un  nucleo  di
censure che merita ulteriore esame da parte della Corte. 
    I.2) La questione  fondamentalmente  sollevata  (e  ritenuta  dal
collegio  rilevante  e  non  manifestamente  infondata)  riguarda  la
dedotta  illegittimita'  del  decreto  legislativo  n.  155/2012  per
violazione dell'art. 1, comma 5-bis della legge  n.  148/2011  (legge
delega)  e  mancata  considerazione  del  parere  delle   Commissioni
giustizia di Camera e Senato, con riferimento agli articoli  3  e  97
della Costituzione, per la parte di interesse  e,  segnatamente,  ove
(articoli 1-4) dispone la soppressione del Tribunale e della  Procura
della Repubblica di Avezzano, conseguentemente disponendo  in  ordine
alla competenza degli uffici di sorveglianza e delle  Corti  d'Assise
di  appello,  e  ancora  di  seguito  impartendo   disposizioni   sui
magistrati e sul personale  amministrativo  degli  uffici  giudiziari
soppressi (art. 5), sui magistrati titolari di funzioni  dirigenziali
degli uffici giudiziari soppressi (art. 6), sulla polizia giudiziaria
degli uffici soppressi  (art.  7),  sull'edilizia  giudiziaria  degli
uffici soppressi (art. 8), le disposizioni transitorie (art. 9) e  la
clausola di invarianza (art. 9), il tutto con  riferimento  al  (dato
per) soppresso Tribunale e Ufficio di  procura  della  Repubblica  di
Avezzano, prima del termine normativamente previsto  per  l'esercizio
della delega  e  senza  prevedere  la  possibilita'  di  disposizioni
integrative e correttive dei decreti legislativi delegati che pure la
legge delega aveva previsto. 
    I.3)  Il  TAR  adito  ritiene  le  questioni  sopra   prospettate
rilevanti e non manifestamente infondate per  le  considerazioni  che
seguono. 
    II. Quanto alla rilevanza, osserva il TAR che: 
    II.1)  sussiste  la  legittimazione  alla  impugnazione  in  sede
giurisdizionale amministrativa degli  atti  censurati  da  parte  dei
ricorrenti che sono, come sopra  detto,  tra  l'altro,  il  consiglio
dell'Ordine degli  avvocati  di  Avezzano  e  taluni  dipendenti  del
Ministero della giustizia in servizio presso il Tribunale di Avezzano
(L'Aquila), direttamente interessati alla disposta movimentazione del
personale  ovvero  indirettamente  incisi  dalla  stessa,  in  quanto
involgente  il  concreto  espletamento  del  servizio  giustizia  nel
circondario, che e' quanto disposto con  i  provvedimenti  impugnati;
quanto al consiglio dell'Ordine degli avvocati di  Avezzano,  la  sua
legittimazione  discende   dalla   lesione   indotta   alle   proprie
prerogative istituzionali dalla disposta soppressione  del  Tribunale
di Avezzano (cfr. Corte Cost., n. 237/2013, ex pluris); 
    II.2) sussiste la giurisdizione del TAR in ordine all'impugnativa
degli atti sopra indicati, qualificabili  di  macro-organizzazione  e
relativi alla movimentazione del personale  in  servizio  presso  gli
Uffici giudiziari del distretto di Corte  d'appello  dell'Aquila,  in
particolare consentendo tale movimentazione «in uscita» da tutti  gli
uffici giudiziari di Avezzano ma non gia' «in entrata»,  pur  essendo
la soppressione disposta «inefficace» fino alla data del 16 settembre
2015  (ora  16  settembre  2018,  per  effetto  dell'art.  3-bis  del
decreto-legge   30   dicembre   2013,   n.   150,   convertito,   con
modificazioni, in legge 27 febbraio 2014, n. 15); 
    II.3) gli Uffici giudiziari di Avezzano, della  cui  soppressione
si controverte,  sono  tuttora  operativi  per  effetto  delle  sopra
richiamate disposizioni di differimento dell'effetto soppressivo,  il
che radica  il  persistente  interesse  alla  decisione  del  ricorso
proposto e, in particolare, all'annullamento degli atti  impugnati  e
la persistente rilevanza della questione incidentale  nella  presente
sede  proposta;  sussiste  inoltre   un   interesse   specifico   dei
dipendenti,  direttamente  connesso  alla  scelta  loro  imposta   di
esprimere le loro preferenze in ordine  al  trasferimento  imposto  o
indotto dalla soppressione molto prima (in termini di  diversi  anni)
della concreta operativita' del trasferimento medesimo; 
    II.4)  i  vizi  relativi  alla   pretesa   illegittimita'   delle
disposizioni di legge sopra indicate sono sollevati in  via  derivata
con riferimento agli  atti  impugnati,  essendo  la  legittimita'  di
questi ultimi direttamente correlata  alla  legittimita'  degli  atti
normativi a loro fondamento e presupposto. 
    III. Quanto alla  non  manifesta  infondatezza,  osserva  il  TAR
quanto segue. 
    III.1) Deducono i ricorrenti la  violazione  dell'art.  1,  comma
5-bis della legge n. 148/2011 da parte  del  decreto  legislativo  n.
155/2012 con  allegate  tabelle,  e  degli  articoli  3  e  97  della
Costituzione da parte  dell'art.  1  della  legge  n.  148/2011,  con
conseguente  illegittimita'  costituzionale  derivata   del   decreto
legislativo n. 155/2012, e puntualmente  di  tutti  gli  articoli  di
quest'ultimo come sopra individuati, nella parte  in  cui  dispongono
rispettivamente, il primo, la soppressione degli Uffici giudiziari di
Avezzano senza l'osservanza del  termine  dilatorio  per  l'esercizio
della delega governativa contenuto nel richiamato art. 1, comma 5-bis
e, il  secondo,  la  mancata  previsione  di  decreti  integrativi  e
correttivi, stante l'evidenziato  disallineamento  temporale,  per  i
soli uffici della Provincia dell'Aquila. 
    III.2) Premette il Collegio che questione apparentemente analoga,
almeno con riferimento al primo dei due profili sopra enucleati,  era
stata sollevata dal Tribunale di Sulmona e risolta  dalla  Corte  nel
senso della sua infondatezza nella nota sentenza n. 237/2013. 
    Da quanto risulta dalla richiamata pronuncia,  in  quel  giudizio
«il  Tribunale  sospetta(va)  di  illegittimita'  costituzionale  gli
articoli 1, 2, 3, 11, comma 3, del decreto  legislativo  n.  155  del
2012, con le allegate  tabelle,  nella  parte  in  cui  prevedono  la
soppressione dei tribunali delle Province dell'Aquila  e  di  Chieti,
per violazione dell'art. 76 Cost. in riferimento  all'alt.  1,  comma
5-bis, della legge n. 148 del 2011, che stabilisce  in  tre  anni  il
termine  per   l'esercizio   della   delega   nei   suddetti   ambiti
territoriali,  termine  che  assume  rilievo  anche   rispetto   alla
previsione di cui al comma 4 dell'art. 1 della legge n. 148 del 2011.
Con riguardo alla dedotta violazione  dell'art.  1,  comma  2,  della
legge  n.  148  del  2011,  le  censure  esposte,   nella   sostanza,
introduc(evano)  le  medesime  argomentazioni  gia'  formulate  nelle
ordinanze di rimessione sopra richiamate nel  dedurre  la  violazione
delle disposizioni costituzionali sul  procedimento  di  approvazione
della  conversione  in  legge  del  decreto-legge  e  su  quello   di
approvazione della  legge  di  delegazione»  (cfr.  Corte.  Cost.  n.
237/2013, punto 36 della parte in fatto). 
    La motivazione in diritto da' poi conto, all'esito della ritenuta
infondatezza di tutte le  questioni  involgenti  il  procedimento  di
formazione legislativa come sollevate dagli altri giudici remittenti,
della complessiva infondatezza anche delle  questioni  sollevate  dal
tribunale di Sulmona, ivi comprese quelle, tra cui quella  in  esame,
«sollevate in via consequenziale» (cfr.  punto  9.6  della  parte  in
diritto). 
    Il caso in esame si distingue  da  quello  gia'  esaminato  dalla
Corte perche' la questione di legittimita' costituzionale come  sopra
enunciata viene posta non gia' con  riferimento  «consequenziale»  al
procedimento di delega legislativa, ma principalmente in ragione  del
ravvisato  sospetto  di  illegittimita'  del  decreto  delegato   per
contrasto con i principi della legge delega, come meglio  piu'  sotto
si dira'. 
    III.3) In ordine al  primo  profilo  (ritenuta  violazione  della
legge delega ad opera del decreto delegato),  il  Collegio  evidenzia
che l'art. 1, comma 2, della legge delega n.  148  del  14  settembre
2011 (in Gazzetta  Ufficiale  n.  216  del  16  settembre  2011),  di
conversione in legge  del  decreto-legge  n.  138/2011,  delegava  il
governo ad adottare «entro dodici  mesi  dalla  data  di  entrata  in
vigore della presente legge,  uno  o  piu'  decreti  legislativi  per
riorganizzare la distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari
al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di  efficienza»;
il comma 5-bis del medesimo art. 1 della legge  delega  n.  148/2011,
introdotta dall'art. 1, comma 3, della legge 24 febbraio 2012, n. 14,
stabiliva tuttavia che «in virtu' degli effetti  prodotti  dal  sisma
del 6 aprile 2009 sulle sedi dei tribunali dell'Aquila e di Chieti, i
termini di cui al comma 2 per l'esercizio della delega  relativamente
ai soli tribunali aventi sedi nelle province dell'Aquila e di  Chieti
e' differito di tre anni». 
    In attuazione della delega, il  governo  ha  emanato  il  decreto
legislativo 7 settembre 2012, n. 155 (in supplemento ordinario n. 185
alla Gazzetta Ufficiale 12 settembre 2012, n.  213),  recante  «nuova
organizzazione dei tribunali ordinari e  degli  uffici  del  pubblico
ministero, a norma dell'art. 1, comma 2,  della  legge  14  settembre
2011, n. 148», esercitando, quindi, la delega anche  con  riferimento
ai tribunali aventi sede nelle province dell'Aquila e  di  Chieti  in
sospetta violazione della norma di  delegazione  posta  dal  suddetto
art. 1, comma 5-bis, della legge n. 148/2011. 
    La indicata sospetta violazione non  irragionevolmente  configura
eccesso di delega e, per l'effetto, violazione mediata  dall'art.  76
della Costituzione. 
    III.3.1) Al riguardo, la Corte costituzionale  ha  affermato  sin
dal 1957 la  propria  competenza  a  verificare  la  conformita'  del
decreto  legislativo  alla  legge  di  delegazione,  in   base   alla
considerazione che le disposizioni contenute nella  legge  di  delega
sono «norme  interposte»,  sicche'  ogni  contrasto  tra  il  decreto
legislativo  e   la   sua   legge   di   delegazione   determinerebbe
l'illegittimita'  costituzionale  del  primo,  in  quanto  violazione
(indiretta) dell'art. 76 Cost. 
    Invero, «per quanto la legge delegante sia a carattere  normativa
generale, ma sempre vincolante per l'organo delegato, essa si pone in
funzione  di  limite  per  lo   sviluppo   dell'ulteriore   attivita'
legislativa del Governo. I limiti dei principi e  criteri  direttivi,
del tempo entro il quale puo' essere emanata la  legge  delegata,  di
oggetti definiti, servono, da un lato, a circoscrivere il campo della
delegazione, si' da evitare che la delega venga  esercitata  in  modo
divergente dalle finalita' che la determinarono; devono,  dall'altro,
consentire  al  potere  delegato  la  possibilita'  di  valutare   le
particolari situazioni giuridiche della legislazione precedente,  che
nella legge delegata  devono  trovare  nuova  regolamentazione  (cfr.
Corte. Cost., n. 3/1957). 
    La discrezionalita' dell'esecutivo  e'  dunque  delimitata  dalle
particolari previsioni  della  norma  delegante,  dal  complesso  dei
criteri direttivi impartiti e  dalle  ragioni  e  finalita'  generali
della delega (cfr. Corte Cost., n. 257/1995). 
    III.3.2) I principi e criteri direttivi presentano, nella prassi,
come noto alla Corte, una fenomenologia estremamente  variegata,  che
oscilla da casi in cui la legge delega  pone  finalita'  dai  confini
molto ampi e sostanzialmente lasciate alla successiva  determinazione
del legislatore delegato a ipotesi  in  cui  la  stessa  legge  fissa
«principi» a basso  livello  di  astrattezza,  finalita'  specifiche,
indirizzi  determinati  e  misure  di   coordinamento   definite   o,
addirittura, pone principi inestricabilmente  frammisti  a  norme  di
dettaglio  disciplinatrici   della   materie   ovvero   concretamente
attributive di precise competenze. 
    L'art. 76 della Costituzione, d'altra parte, consente l'esercizio
della funzione legislativa da  parte  del  governo  solo  «per  tempo
limitato», ossia per una durata prefissata «in uno qualunque dei modi
che  consentano   di   individuare,   in   via   diretta,   o   anche
indirettamente, con l'indicazione di un evento futuro  ma  certo,  il
momento iniziale e quello finale del termine» (cfr. Corte  Cost.,  n.
163/1963). 
    III.3.3) Lo scrutinio della Corte ha spesso  riguardato  casi  in
cui si lamentava l'esercizio tardivo del potere delegato. 
    La  particolarita'  del  caso  in  esame  risiede  nel  lamentato
esercizio «anticipato» di detto potere. 
    Ad avviso del  Collegio,  e  in  cio'  risiede  la  ritenuta  non
manifesta infondatezza della questione, la  disposizione  di  cui  al
sopra richiamato art. 1, comma 3, legge 24 febbraio 2012  (si  tratta
della legge di conversione del decreto-legge  28  dicembre  2011,  n.
216, cosiddetto «Decreto milleproroghe», recante «proroga di  termini
previsti  da  disposizioni  legislative»),  che  e'  legge  ordinaria
entrata in vigore prima che fossero posti in essere gli effetti della
delega, inserendo il piu' volte richiamato  comma  5-bis  all'art.  1
della legge 14 settembre 2011, n. 148, induce  evidentemente  effetti
modificativi in parte qua sulla  stessa  legge  delega  n.  148/2011,
introducendo ulteriori e,  per  quanto  rileva,  diversi  criteri  di
esercizio  della  delega  legislativa,  e,  siccome  divenuta   parte
integrante della legge di delegazione, costituisce essa stessa limite
(per quanto detto, sopravvenuto) al potere del  legislatore  delegato
quanto  al  «tempo»  dell'esercizio   della   funzione   legislativa,
discrezionalmente fissato, al pari dei principi e criteri direttivi e
dell'oggetto limitato, dal legislatore delegante, sicche' l'esercizio
della delega che si appalesi difforme da tale limite vulnera e  rende
illegittimo costituzionalmente detto esercizio. 
    III.3.4) Sembra  ultroneo  puntualizzare,  in  quanto  del  tutto
evidente, che la ratio dell'operato differimento,  a  fondamento  del
ripetuto  art.  1,  comma  3  della  legge  n.  14/2012,  sta   nella
considerazione, da parte del legislatore, delle peculiari  condizioni
del territorio abruzzese che, in disparte ogni successiva valutazione
di merito,  sembravano  rendere  ragionevole  una  soprassessoria  in
relazione alle determinazioni  da  assumersi  sulla  riorganizzazione
giudiziaria, tenuto conto di una situazione di fatto non  compatibile
con decisioni  da  assumersi  in  tempi  allineati  con  la  disposta
generale riorganizzazione di tutti gli Uffici giudiziari. 
    E cio' perche', ovviamente,  ogni  eventuale  determinazione  nel
senso della riduzione degli Uffici giudiziari di primo  grado,  salvo
la permanenza del  tribunale  ordinario  nei  circondari  dei  comuni
capoluogo di provincia alla data del 30 giugno  2011  (come  indicato
nel criterio di delega di cui all'art. 1, comma 2, lettera  a)  della
legge  n.  148/2012),  con  conseguente  accorpamento  degli   uffici
«minori» a quello del capoluogo di provincia, applicata al territorio
aquilano, avrebbe  determinato  il  sovraffollamento  e  sovraccarico
degli uffici aquilani, tuttora (a distanza di oltre cinque  anni  dal
sisma  del  2009)  in  attesa  del  ripristino  della  loro   normale
funzionalita', neppure disponendo di immobili sufficienti e adeguati,
come dimostrato, peraltro, dall'ulteriore «differimento» disposto, in
via di necessita' e urgenza, con il decreto-legge n.  150/2013,  come
convertito. 
    III.3.5) La scelta del legislatore si  e'  dunque  orientata  nel
senso della predetta soprassessoria che riguardava, come testualmente
e  inequivocamente  indicato,  lo  stesso  «esercizio»  della  delega
relativamente ai soli uffici aventi sedi nelle province dell'Aquila e
di Chieti, il cui termine e' stato differito e che  non  puo'  essere
confuso con la mera dilazione degli effetti del potere esercitato. 
    Non ritiene, invero,  il  TAR  di  poter  considerare  rettamente
esercitato il potere di delega per effetto del disposto  differimento
degli effetti della operata  soppressione;  detto  differimento,  che
opera con riguardo all'acquisto di efficacia del decreto (ex art.  1,
comma  3,  decreto  legislativo  n.  155/2012),   non   si   atteggia
diversamente da quanto stabilito con riferimento a  tutti  gli  altri
tribunali (art. 11, comma 2, «Salvo quanto previsto al  comma  3,  le
disposizioni di cui agli articoli 1,  2,  3,  4,  5  e  7  acquistano
efficacia decorsi dodici mesi dalla data di  entrata  in  vigore  del
presente decreto), sicche' ben puo' dirsi  che  la  delega  e'  stata
effettivamente esercitata per tutti e la  sola  distinzione  consiste
nella diversa decorrenza degli effetti, che per gli uffici  abruzzesi
sposta il dies a quo dell'operativita' della soppressione  in  avanti
(di tre anni); la diversa decorrenza  degli  effetti,  tuttavia,  non
integra il  rispetto  dei  tempi  definiti  fissati  dal  legislatore
delegante, che aveva invece  stabilito,  come  sopra  detto,  che  il
Governo esercitasse la delega nei diversi termini  di  cui  ai  commi
5-bis dell'art. 1 sopra citato («in virtu' degli effetti prodotti dal
sisma del 6 aprile 2009 sulle sedi dei  tribunali  dell'Aquila  e  di
Chieti, il termine di cui al comma 2  per  l'esercizio  della  delega
relativamente  ai  soli  tribunali   aventi   sedi   nelle   province
dell'Aquila e di Chieti e' differito di tre anni»). 
    Non puo' invero revocarsi in dubbio  che  esercitare  una  delega
legislativa all'esito della compiuta doverosa. istruttoria di cui da'
conto la Corte nella citata sentenza  n.  237/2013,  disancorata  dal
dato temporale fissato dal legislatore a distanza  di  tre  anni  (in
avanti), dunque necessariamente riferita a situazioni e dati di fatto
non disponibili e neppure prevedibili, in quanto connessi al recupero
della piena funzionalita'  delle  strutture  e  del  tessuto  sociale
successivamente all'evento sismico  distruttivo,  e'  non  altro  che
tradire la volonta' del legislatore che ha voluto («sicut dixit») che
l'attivita' del delegato fosse compiuta, e la funzione esercitata, su
dati concreti, ragionevolmente «aggiornati» a distanza  di  tre  anni
(dopo). 
    III.3.6) Per tali considerazioni, fondate su argomenti  letterali
e logici, ritiene il TAR di non  poter  fornire,  della  disposizione
sospettata di  incostituzionalita',  alcuna  diversa  interpretazione
conforme. 
    III.3.7) Tale e' stato, peraltro, il parere,  affatto  disatteso,
delle Commissioni giustizia della Camera dei deputati  e  del  Senato
(pareri resi rispettivamente in data 1°  agosto  2012  e  2  dicembre
2012)  sullo  schema  di  decreto  legislativo  recante  disposizioni
integrative correttive e di coordinamento delle disposizioni  di  cui
ai decreti legislativi 7 settembre 2012, n. 155 e 7  settembre  2012,
n. 156, tese ad assicurare la funzionalita' degli uffici  giudiziari,
che ritenevano «opportuno espungere dal testo definitivo del  decreto
legislativo il comma 3 dell'art. 10 e  il  riferimento  al  distretto
della Corte d'appello di L'Aquila contenuto nella tabella A  allegata
al decreto, in considerazione che la  legge  delega  ha  previsto  il
differimento di tre anni del termine per l'esercizio della  delega  e
non soltanto il differimento dell'efficacia». 
    Vale a dire che il  legislatore  delegante  si  e'  espresso,  in
equivocamente, interpretando, in via «autentica», la delega nel senso
sopra inteso. 
    III.3.8) Giova infine osservare che, ad avviso del  collegio,  il
riferimento (e  l'ulteriore  differimento)  dell'effetto  soppressivo
contenuto nell'art. 3-bis del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150,
convertito, con modificazioni, in legge 27 febbraio 2014, n.  15  («A
causa delle perduranti condizioni  di  inagibilita'  delle  sedi  dei
tribunali  dell'Aquila  e  di  Chieti,  gravemente  danneggiati   dal
terremoto del 6 aprile 2009 e per i quali sono in corso, alla data di
entrata  in  vigore   del   presente   decreto,   le   procedure   di
ricostruzione, i termini di cui all'art. 1, comma 3,  primo  periodo,
del decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, sono  prorogati  di
ulteriori tre anni»),  non  ha  alcun  effetto  «sanante»  del  vizio
interessante la disposizione  delegata,  in  quanto  testualmente  si
limita,  come  detto,  a  disporre  il   differimento   del   termine
soppressivo ma non ha fatto propri gli effetti «soppressivi»  indotti
dall'esercizio del potere delegato. 
    III.4) Ove, tuttavia, dovesse ritenersi validamente esercitata la
delega  legislativa  con  il  decreto  n.  155  del  2012  anche  con
riferimento agli uffici abruzzesi, non potrebbe che evidenziarsi  una
ulteriore violazione di disposizioni di rango costituzionale. 
    III.4.1) A termini del comma 5 dell'art. 1 della legge di  delega
«il Governo, con la procedura indicata nel comma 4,  entro  due  anni
dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei  decreti  legislativi
emanati nell'esercizio della delega di cui al comma 2 e nel  rispetto
dei principi e criteri direttivi fissati, puo' adottare  disposizioni
integrative e correttive dei decreti legislativi medesimi». 
    L'entrata in vigore e' concetto diverso  dalla  produzione  degli
effetti  di  un  provvedimento  legislativo,  non  potendo   peraltro
ritenersi che il decreto n. 155 del 2012  entri  in  vigore  in  date
diverse (per tutti gli uffici esclusi quelli abruzzesi e  per  quelli
abruzzesi). 
    Deve dunque ipotizzarsi che  il  termine  per  l'esercizio  della
potesta'  delegata  integrativa  e  correttiva  decorra,  per  tutti,
dall'entrata in vigore del decreto e  che  quindi,  per  effetto  dei
disposti differimenti, che vanno oltre  i  due  anni  dalla  data  di
entrata in vigore dei decreti legislativi delegati,  non  possa  piu'
esercitarsi per i tribunali abruzzesi che, dunque,  benche'  non  sia
stata possibile alcuna verifica all'esito della concreta operativita'
degli accorpamenti,  per  effetto  dei  differimenti  normativi,  non
possono piu' giovarsi  della  detta  possibilita',  a  differenza  di
quanto e' stato possibile fare per tutti gli altri Uffici giudiziari. 
    III.4.2) Tale differenza ridonda in inammissibile violazione  del
principio di uguaglianza (art. 3) e di buon  andamento  degli  uffici
(art. 97), essendo i soli tribunali abruzzesi sottratti  a  possibile
riesame da parte del legislatore delegato e sottoposti a soppressione
«secca» senza alcuna possibilita' di verifica ex post  dell'effettiva
incidenza della riforma, della sua sostenibilita' lato sensu e  della
sua concreta operativita'. 
    III.4.3) Il cennato  effetto  (impossibilita'  di  esercitare  il
potere integrativo e correttivo dei decreti delegati) e' direttamente
discendente  dal  vizio  principale  di  anticipato  esercizio  della
delega, posto che non e' stato operato alcun differimento del termine
di esercizio del potere di emanare decreti correttivi  e  integrativi
all'esito dell'esercizio del potere di delega  nei  termini  indicati
dal legislatore delegante, ossia nei dodici mesi  successivi  ai  tre
anni dall'entrata in vigore della legge delega (ex art. 1,  comma  2,
legge delega n. 14/2011 e art. 5-bis). 
    IV.  In  conclusione,  il  collegio  ritiene  rilevante   e   non
manifestamente infondata la questione  di  legittimita'  costituzione
illegittimita' del decreto legislativo  n.  155/2012  per  violazione
dell'art. 1, comma 5-bis della legge n.  148/2011  (legge  delega)  e
mancata considerazione del  parere  delle  Commissioni  giustizia  di
Camera e Senato, per la  parte  di  interesse  e,  segnatamente,  ove
(articoli 1-4) si dispone  la  soppressione  del  Tribunale  e  della
Procura della Repubblica di Avezzano, conseguentemente disponendo  in
ordine alla competenza degli Uffici di  sorveglianza  e  delle  Corti
d'assise di appello, e ancora di seguito impartendo disposizioni  sui
magistrati e sul personale  amministrativo  degli  uffici  giudiziari
soppressi (art. 5), sui magistrati titolari di funzioni  dirigenziali
degli uffici giudiziari soppressi (art. 6), sulla polizia giudiziaria
degli uffici soppressi  (art.  7),  sull'edilizia  giudiziaria  degli
uffici soppressi (art. 8), le disposizioni transitorie (art. 9) e  la
clausola di invarianza (art. 9), e dell'art. 1,  comma  5,  legge  n.
148/2011, con riferimento agli articoli 3 e 97 della Costituzione, il
tutto con riferimento al (dato per) soppresso Tribunale e Ufficio  di
procura   della   Repubblica   di   Avezzano,   prima   del   termine
normativamente  previsto  per  l'esercizio  della  delega   e   senza
prevedere,  per  i  soli  uffici  abruzzesi,   la   possibilita'   di
disposizioni  integrative  e  correttive  dei   decreti   legislativi
delegati. 
    Le consequenziali statuizioni seguono in dispositivo.